Vita? O Teatro? La storia di Charlotte Salomon, un talento perduto.

Charlotte ha fretta, terribilmente fretta. Sa benissimo che il suo tempo sta per finire, non sa se per mano dei nazisti oppure per la paura di cadere nello stesso abisso autodistruttivo di molti componenti della sua famiglia. Compresa sua madre, che si è tolta la vita quando lei era appena una bambina. Ha una insopprimibile necessità di disegnare, colorare, raccontare… e le sensazioni si accavallano una dietro l’altra senza sosta. La mano viaggia veloce e sicura come forse non lo era mai stata prima e, foglio dopo foglio, prende quindi forma la sua unica e gigantesca opera d’arte. Una interminabile raccolta di disegni che ripercorrono, come tanti fotogrammi, il film della sua vita.

Charlotte Salomon, nasce a Berlino nel 1917 da genitori ebrei, e vivere in Germania negli anni 30 per una bambina ebrea, lo sappiamo, non era certamente facile. Se si aggiunge un carattere poco espansivo e la gravissima depressione che colpì tutto il ramo materno della sua famiglia, segnata da una lunghissima serie di suicidi, se ne capisce appieno il disagio. Era dunque una ragazza sola, fragile, attanagliata fra le sue ansie e le sue paure. Charlotte però aveva un dono, quello del disegno.

Di questa dote se ne accorsero già in famiglia, quando era molto piccola, ma fu un suo viaggio in Italia nel 1933 a far crescere in lei la passione per l’arte. Tanto da volersi iscrivere, due anni dopo, all’Accademia delle Belle Arti che abbandona poco dopo perché un suo dipinto, giudicato come il migliore dalla giuria, non vince il premio in quanto ebrea. Siamo nel 1937 e l’oppressione nazista comincia a farsi sempre più incisiva. Purtroppo quell’episodio fu solo l’inizio della sua odissea e di lì a poco la situazione precipita: il padre viene deportato nel campo di concentramento di Sachsenhausen, la nonna materna si uccide improvvisamente e di Alfred, l’unico amore della sua vita, nessuno ha più notizie. In più la guerra ormai incombe e lei è costretta a rifugiarsi nel sud della Francia.

Le rimangono solo 2 possibilità: scegliere anche lei la strada del suicidio oppure gettarsi a capofitto nell’arte e raccontarsi come se fosse un diario illustrato; rivivere tutto il passato attraverso ciò che più amava, il disegno. Sceglie l’arte, e mette in scena il suo vissuto come se fosse una rappresentazione teatrale, pieno di personaggi, testi poetici e di tutti quei colori che nella vita reale invece le erano mancati. Inizia a disegnare nel 1940, e lo farà per 2 anni, giorno e notte. Più di 1300 disegni a tempera, realizzati solo con la combinazione dei tre colori primari, che ripercorrono  la storia della famiglia, l’esilio in Francia e l’amore per Alfred. Ma sono anche testimonianza dell’odio e della violenza nei confronti degli ebrei. Sapeva disegnare molto bene, anche in maniera realistica, come testimonia un suo bellissimo autoritratto, ma a lei non interessava riprodurre fedelmente la realtà, i concetti e le sensazioni che vuole esprimere devono prevalere sul realismo pittorico.

Pertanto lo stile non è uniforme, in molti tratti ricorda Chagall, in altri Munch, ma in tutte c’è l’impronta di quell’espressionismo tedesco che tanto apprezzava e, in ogni foglio, una lunga e sinuosa didascalia di accompagnamento, anche con riferimenti musicali. Sfrutta questo fervore artistico come antidoto alla depressione, sempre latente, e riesce a ritrovare una gioia di vivere che probabilmente non aveva mai avuto. Tutto questo durerà poco. Il tempo di consegnare tutta l’opera dal titolo “Vita? O Teatro?” al dottor Moridis, amico di famiglia, e di conoscere l’uomo che sposerà nel giugno del 1943. Dopo soli tre mesi, a settembre, viene deportata ad Auschwitz e uccisa. Con un bambino in grembo.

Si chiude così il sipario sulla storia di una ragazza infelice, perseguitata dall’ombra della depressione e dalla persecuzione nazista, che ha avuto la forza di affrontare il destino grazie alla magia dell’arte. Liberando la sua anima fino ai confini del sogno.

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3 commenti

  1. Triste realtà della vita ma coraggiosa nel non disperare ,anzi trova la medicina giusta dentro di lei attraverso l arte……

    1. L’ Arte non muore mai! Grazie per questo triste e, nello stesso tempo, bel ricirdo!

  2. La bellezza salverà il mondo, dice Dostoevskij. Sarà vero, ma solo quando sarà entrata dentro ognuno di noi.
    Grazie Emilio

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